I ricercatori svedesi hanno trovato un fluido a basso impatto ambientale in grado di conservare l’energia prodotta dai sistemi solari con molta più efficienza rispetto alle batterie.
In Svezia un team di ricercatori ha sviluppato un fluido speciale, chiamato “combustibile termico solare”, che può immagazzinare l’energia proveniente dal sole per quasi 20 anni. Dello studio - pubblicato sulla rivista Royal Society of Chemistry - ha parlato Cecilia Bergamasco su LifeGate.it (leggi tutto l'articolo qui)
I fluidi solari termici, come quello scoperto dai ricercatori svedesi, hanno il vantaggio di essere riutilizzati e a basso impatto ambientale il loro impiego non genera emissione di CO2 o di altri gas serra.
Che cosa è il combustibile termico solare
La molecola norbornadiene di cui è composto il fluido è formata da carbonio, idrogeno e azoto e quando questa viene colpita dalla luce del sole i legami si trasforma in un isomero chiamato quadriciclano.
L’energia solare viene intrappolata tra i forti legami chimici dell’isomero e rimane anche quando il fluido si è raffreddato. L’energia può poi essere immagazzinata per un massimo di 18 anni.
I ricercatori sostengono che il fluido ha la capacità di immagazzinare 250 wattora di energia per kg, (per intenderci, circa il doppio della capacità di stoccaggio delle batterie del sistema Powerwall di Tesla), ma i margini di miglioramento sono ancora elevati.
Come funziona il sistema di stoccaggio dell’energia
Il sistema è costituito da un riflettore concavo con un tubo al centro che concentra i raggi solari. Il fluido viene pompato attraverso dei tubi trasparenti e viene riscaldato dalla luce del sole. Il fluido viene poi stoccato a temperatura ambiente ottenendo una minima perdita di energia.
Quando si ha la necessità di utilizzare l’energia, il fluido viene fatto passare attraverso un catalizzatore a base di cobalto che trasforma le molecole facendole tornare di nuovo alla loro forma originale e innalzando la temperatura del fluido di circa 63 °C. Una volta utilizzato, il fluido può ritornare in circolo nell’impianto solare per essere riscaldato e utilizzato decine e decine di volte, almeno 125 volte senza che la molecola venga danneggiata.
Il calore generato può poi essere utilizzato per esempio nei sistemi di riscaldamento domestico, produzione di acqua calda e molto altro ancora, prima di tornare nuovamente sul tetto.
Secondo i ricercatori i risultati sono un primo passo. La commercializzazione richiederà ancora alcuni anni, ma i ricercatori confidano che il sistema possa trovare già ora l’interesse degli investitori.
Leggi tutto l'articolo di Cecilia Bergamasco per lifegate.it
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